Autore: Dr.ssa Greta Lalli – psicologa e psicoterapeuta Centro Eos
Autore: Dr.ssa Monica Salvi – psicologa e psicoterapeuta Centro Eos
Abuso sessuale su minori e pedofilia: tra patologia e reato Con il termine “abuso sessuale” contro un minore si fa riferimento a tutte quelle situazioni in cui un adulto utilizza o sfrutta a fini sessuali un bambino o un adolescente.
Nell’abuso sessuale il minore, per immaturità psicologica e/o per condizioni di dipendenza/influenza dall’adulto, non è in grado di comprendere pienamente il significato delle attività sessuali in cui viene coinvolto, né di fare scelte consapevoli nell’ambito della sessualità.
Le attività sessuali avvengono, per tanto, all’interno di una relazione non paritaria, in quanto il minore si trova in una relazione di inferiorità fisica, psichica e di potere rispetto all’adulto, e nessun adattamento passivo può essere scambiato per consenso. Gli abusi sessuali si definiscono tali a partire da due dimensioni principali: la differenza di età tra l’abusante e il minore e l’aspetto di coercizione.
L’abuso sessuale comprende comportamenti quali i rapporti sessuali veri e propri, forme di contatto erotico o erotizzato anche senza penetrazione (incluso l’abuso “mascherato”, che consiste in frequenti lavaggi dei genitali, applicazione di creme e ispezioni ripetute delle parti intime effettuati con atteggiamento erotizzato), atti che non prevedono un contatto fisico o “abuso assistito” (esposizione intenzionale del minore alla vista di un atto sessuale o di immagini pornografiche), forme di sfruttamento sessuale (realizzazione di materiale pedopornografico, induzione/sfruttamento della prostituzione minorile, turismo sessuale).
L’abuso sessuale può essere classificato come “intrafamiliare” se l’abusante è un membro della famiglia o “extrafamiliare” quando l’abusante è una figura conosciuta ma estranea al nucleo famigliare.
Inoltre, si parla di abuso “intraspecifico”, quando l’abusante è una persona che il minore conosce e frequenta, e di abuso “extraspecifico” quando l’abusante è una persona sconosciuta.
Si definisce abuso “istituzionale”, quando questo viene attuato da persone che hanno in affidamento il minore per ragioni di cura, custodia, educazione, gestione del tempo libero all’interno di diverse istituzioni/organizzazioni. L’abuso “a fini di lucro” è solitamente messo in atto da gruppi organizzati e può essere finalizzato alla produzione e diffusione di materiale pedopornografico, lo sfruttamento della prostituzione minorile e il turismo sessuale.
La pedofilia è la tendenza a mettere in atto attività sessuali con bambini e adolescenti; alcuni soggetti con pedofilia sono attratti sessualmente solo da bambini/adolescenti (tipo esclusivo), mentre altri sono talvolta attratti anche da adulti (tipo non esclusivo). La pedofilia può essere considerata sia un disturbo psichiatrico che un reato punito dalla legge.
Il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM V) definisce la pedofilia (disturbo pedofilico) come caratterizzato da fantasie, impulsi, desideri o comportamenti ricorrenti, e intensamente eccitanti sessualmente, che comportano attività sessuale con uno o più bambini prepuberi (generalmente sotto i 13 anni) e che si manifestano per un periodo di almeno sei mesi.
Si può parlare di pedofilia se la persona ha agito sulla base di questi impulsi o se gli 3 impulsi e le fantasie sessuali causano marcato disagio o difficoltà interpersonali. È opportuno, per tanto, distinguere la pedofilia intesa come disturbo dalle altre forme di abuso sessuale (dallo sfruttamento sessuale a fini di lucro come la prostituzione minorile e la tratta di minorenni a scopo sessuale; dalla pedopornografia e dal turismo sessuale).
Il child grooming è una tecnica psicologica utilizzata per l’adescamento di minori in rete, il metodo con cui l’adulto, potenziale abusante, “abilmente cura e induce” (grooms) il minore potenziale vittima, inducendolo gradualmente a superare resistenze e diffidenze attraverso tecniche di manipolazione psicologica. Si tratta quindi di una graduale costruzione di una relazione di fiducia tra abusante e minore, che porta il minore ad esaudire le sue richieste “normalizzate” e che possono spingersi sino ad un incontro sessuale “off line” e alla realizzazione di materiale pedopornografico.
Il grooming viene quindi usato per manipolare il minore, conosciuto in rete, in modo che l’abuso si svolga sotto il diretto controllo dell’abusante, sia nella fase iniziale dell’adescamento, ma anche quella successiva, volta a far si che il minore, dopo l’abuso, non faccia menzione dell’esperienza vissuta. In rete il primo contatto con il minore avviene prevalentemente nelle chat, nei forum e nei newsgroup e l’intero iter di adescamento del minore, dal contatto in rete al successivo possibile abuso, è graduale.
Generalmente, l’adescatore procede nella scelta della vittima, attraverso l’impiego di social network e motori di ricerca (victim selection and information gathering). Individuato il bersaglio, lo contatta e getta le basi per un legame di amicizia virtuale (friendship forming stage), cui segue un consolidamento del legame affettivo e confidenziale (relationship forming stage).
Accertata l’assenza di controllo genitoriale o di una supervisione nell’uso del computer (risk assesment stage), l’adescatore si apre a confidenze personali e ne chiede altrettante in cambio, il che produce una crescita repentina del grado di intimità e di reciproca mutualità del rapporto (exclusivity stage). Infine, introduce la tematica sessuale ed esercita pressioni finalizzate all’incontro, a volte usando come minaccia i segreti e le intimità raccolte nel corso dell’adescamento (sexual stage).
I meccanismi di disimpegno morale che consentono all’autore di reato sessuale di mettere in atto la fantasia sessuale consistono prevalentemente nella negazione e nella minimizzazione relativamente all’azione-reato agita, alla propria responsabilità e ai danni provocati alla vittima. La negazione implica il rifiuto dell’esistenza di un abuso o il non coinvolgimento del suo autore; talvolta il rifiuto può includere l’ammissione dei fatti negando però le conseguenze negative, in modo che l’abuso sessuale commesso sia considerato come un atto “normale”.
La minimizzazione implica un aggressore che riconosce che il suo comportamento può essere stato percepito come parzialmente problematico; le spiegazioni fornite tendono a spostare la responsabilità su altre persone, sul consenso della vittima o su fattori esterni che attenuano la sua colpevolezza. Negli ultimi anni sono state messe a punto alcune metodologie per il trattamento dei pedofili: i metodi più utilizzati sono quelli che utilizzano una terapia psicologica, individuale o di gruppo, di tipo cognitivo-comportamentale, finalizzata al controllo di fantasie e comportamenti, al riconoscimento del danno sul minore e della propria responsabilità.
A ciò si può affiancare, se 4 necessario, una terapia farmacologica, con effetti reversibili. La pedofilia: la via della prevenzione parte dalla comunicazione Questa seconda parte del lavoro intende offrire una riflessione sul tema della pedofilia, in particolare vuole approfondire l’aspetto della prevenzione partendo da alcune domande che genitori, insegnanti e in generale gli adulti che si occupano di minori, spesso si fanno: “Come aiutare e come proteggere i bambini?”, “È possibile evitare un abuso?”, “Si può parlare ai bambini di pedofilia?” “Come comunicare ai bambini un argomento cosi difficile?”.
Sempre più frequentemente si sentono storie riguardanti minori che vengono abusati da adulti che conoscono o da estranei, sono episodi di cronaca che sconvolgono emotivamente producendo sentimenti di rabbia, angoscia ed incredulità, tanto che i genitori si paralizzano e non sanno se e come trattare la questione. Nonostante si parli sempre di più di sessualità e nonostante i vari stimoli ininterrottamente lanciati dai mass media, nel momento in cui l’argomento va approfondito con i bambini, sembra diventare immediatamente un tema difficile, delicato ed imbarazzante.
I genitori riescono a parlare di sessualità o intimità ai propri figli? è corretto parlarne o potrebbe addirittura essere diseducativo? Questi dubbi sono leciti perché non è semplice spiegare una tematica così triste ed orribile ad un bambino e ritrovarsi a fare un distinguo tra buoni e cattivi mettendo così a rischio la spontaneità dei piccoli. Prevenire significa agevolare un’azione diretta ad impedire il verificarsi di condizioni non desiderate o dannose e quindi favorire un contesto familiare e sociale in grado di proteggere e tutelare il minore ed è prima di tutto una responsabilità che spetta all’adulto.
Per provare a prevenire realmente e aiutare i bambini è fondamentale che ci sia una sinergia tra genitori, scuola e tutti coloro che si dedicano ai minori. È importante che gli adulti che si occupano di bambini e adolescenti, siano non solo sensibili ma estremamente capaci di ascolto per impedire possibili abusi e promuovere un positivo e sereno percorso di crescita; non si deve avere timore di affrontare una questione così delicata con i loro bambini, essi devono essere in grado di riconoscere il pericolo. La domanda principale è “quali sono le parole giuste da usare per spiegare ad un bambino la pedofilia?”
Ricordiamoci che alla base del rapporto con il bambino ci dovrebbe essere un’ottima comunicazione, bisogna parlare sempre con il bambino, di tutto, soprattutto occorre ascoltarlo. Dialogo e ascolto sono strumenti indispensabili per proteggerli; affinché possa esserci una prevenzione efficace diventa basilare un contesto educativo familiare e scolastico capace di ascoltare il minore, di conoscerlo, di leggere i suoi bisogni nelle differenti fasi evolutive; ascoltare significa partire dal bambino, dai suoi bisogni e dalle sue emozioni, dai suoi dubbi, dalle sue paure e dai suoi silenzi, dargli la possibilità di esprimere ogni emozione e saperle accogliere con sentimento e senza giudizio.
Costruire insieme una relazione di rispetto e di fiducia reciproca, accogliendo il bambino per la persona che è, con i suoi tratti, la sua specificità, il suo essere, solo così facendo si può favorire un buon sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale e quindi una possibile prevenzione. 5 Conoscere ed esprimere le emozioni È indispensabile che i genitori facciano tutto il possibile per proteggere i figli da quegli adulti che potrebbero approfittare di loro, per questo è importante insegnare al bambino a riconoscere le emozioni ed i vissuti emotivi che si provano di fronte ad ogni evento di vita, ad esprimere ed a raccontare tranquillamente i loro stati d’animo. La capacità di costruire e ricostruire episodi della propria quotidianità e la propria storia si basa su diverse attitudine dell’individuo, come il linguaggio, il riconoscimento emotivo, la capacità di metaforizzare e l’abilitaà di rendere il racconto un insieme di elementi che abbiano una certa consequenzialitaà.
Incoraggiare il bambino a sviluppare questi strumenti, è un modo per aiutarlo a costruire, in maniera sempre più strutturata, il proprio Sé e far crescere una maggior consapevolezza delle proprie emozioni. Se un bambino riesce ad entrare in contatto con le proprie emozioni ed impara a condividerle, più facilmente saprà riconoscere una situazione di difficoltà e chiedere aiuto senza avere timore.
Lo studio delle emozioni, condotto per mezzo “dell’approccio narrativo”, consente di ottenere una conoscenza del significato che un’emozione o un’esperienza emotiva assume per chi la racconta, ad assegnare un nome a quell’emozione vissuta ed a rapportarla correttamente ad un particolare evento.
Queste risorse,consapevolezza e narrazione, prevedono una grande capacità di ascolto di se stesso, che i bambini possono sviluppare se accompagnati a mettersi in contatto con tali vissuti che prendono forma se letti e rispecchiati dai genitori, i quali devono valorizzarli e nei momenti di difficoltà favorire l’esplorazione e la condivisione.
I bambini provano spesso paura, vergogna e senso di colpa, soprattutto quelli che sono stati vittime di abusi sessuali. La vergogna è un emozione connessa alla percezione di essere scoperto ed è spesso un’emozione immobilizzante, chi la prova fa fatica a prevedere altra soluzione che l’annullamento di sé, o all’opposto, i bambini negano.
I piccoli possono avere la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato, per questo è importante che si sentano liberi di parlare delle proprie preoccupazioni agli adulti di riferimento, sicuri di trovare delle persone sensibili e attente.
Con i bambini bisogna essere chiari ed usare parole semplici, insegnare che si può dire “No” in qualsiasi momento, per proteggersi e tutelarsi, soprattutto sottolineare che quando una persona trasmette paura o sensazioni sgradevoli diventa essenziale essere in grado di rifiutare. I bambini sono molto sensibili e attenti all’emozioni che provano gli adulti, per esempio se percepiscono la preoccupazione, l’ansia o la paura che il genitore può provare all’idea di sentirsi raccontare alcune cose, i figli faranno fatica a confidarsi.
Purtroppo è abbastanza frequente sentire adulti che raccontano episodi della loro infanzia in cui sono stati spettatori di osceni spettacoli da parte di maniaci che mostrano i genitali, questo è un esempio grave ma non tragico rispetto ai bambini che vengono abusati, eppure la maggior di questi adulti riferiscono di non aver avuto il coraggio da piccoli di confidarlo ai genitori.
Questo perché al momento hanno provato imbarazzo, vergogna e in qualche modo un inconscio senso di colpa che non permette l’apertura. Questo esempio vuole far capire l’importanza di abituare i bambini a parlare di se e di ciò che provano senza il timore di aver sbagliato, di essere giudicato o di essere in qualche modo responsabile.
Per essere consapevoli delle emozioni che i bambini sperimentano, gli adulti devono essere consapevoli delle proprie emozioni. Se la persona riesce a riconoscere ciò che 6 gli accade interiormente può prevenire la cristallizzazione di segni che nel tempo possono trasformarsi in sintomi.
È compito degli adulti prestare attenzione ai comportamenti dei bambini e comprendere e riconoscere i loro sentimenti . L’importanza del corpo Il corpo è importante e bisogna spiegare ai bambini come averne cura e come rispettarlo.
Partendo dall’insegnamento delle parti intime del proprio corpo e del valore dell’intimità personale che non riguarda solo l’infanzia,ma tutta la vita. L’ esperienza del proprio corpo significa prendere coscienza del proprio se attraverso i bisogni corporei e le pulsioni.
È infatti il corpo, il primo strumento della comunicazione. La pelle, in particolar modo, è la zona di confine tra la realtà intrapsichica e quella extrapsichica. Attraverso le carezze e il tenere in braccio che il bambino sente di esistere, grazie al rimando delle emozioni di piacere può prendere contatto con se stesso. Il contatto fisico e le coccole sono una necessità fondamentale per lo sviluppo del bambino così come dimostrare affetto fisico nei confronti dei propri figli è naturale, ed è un’intimità che beneficia entrambe le parti e rafforza il rapporto.
All’interno di questo rapporto è necessario trasmettere al bambino il messaggio che ci sono alcune parti del corpo, che vanno protette e tenute per sé. Toccare ed essere toccati può essere bello, ma anche “ cattivo”, per questo è basilare prendersi del tempo per spiegare questa differenza ai bambini,dal momento in cui essi non sempre riconoscono se una persona tocca il loro corpo in modo appropriato o meno. Si può quindi, in tutta tranquillità, chiarire ai figli o agli allievi ( anche le maestre a scuola possono affrontare questo discorso con gli alunni) che non va bene permettere a qualcuno di guardare o toccare le loro parti intime e nemmeno di accettare di guardare o di toccare le parti intime di qualcun altro.
Se i bambini non sono sicuri che il comportamento di qualcuno sia corretto devono sentirsi liberi di parlarne con una persona fidata e quindi gli adulti e i genitori devono accertarsi che i piccoli sappiano chiedere aiuto (1).
Bisogna insegnare ai minori che sono gli unici padroni del loro corpo e che nessuno può toccarlo senza il loro permesso. Un dialogo aperto e diretto fin da piccoli rispetto alla sessualità e le “parti intime”, impiegando i giusti nomi per le varie parti del corpo aiuterà i bambini a comprendere quello che non bisogna fare e il rispetto per il proprio corpo. È inoltre fondamentale che il bambino capisca che il corpo eà suo e che quindi gli altri hanno il dovere di rispettarlo così come i bambini hanno il diritto di rifiutare un bacio e di essere toccati, anche da una persona che conoscono e a cui vogliono bene (2).
I genitori possono spiegare ai figli che alcuni adulti, per es. i medici, possono avere bisogno di toccare il loro corpo, ma dovranno incoraggiare i bambini a dire “No” se una situazione li mette a disagio o procura sensazioni sgradevoli. Si deve insegnare a dire “No”, immediatamente e con decisione se qualcuno cerca di toccarlo in modo inappropriato, eventualmente concedersi la possibilità di scappare di fronte a situazioni rischiose e parlarne subito con un adulto fidato.
La dimensione del segreto nell’infanzia Ai bambini piace molto la dimensione del segreto, sono attratti dall’idea di condividere un desiderio, un pensiero, una scoperta con un amico, in quanto, il segreto rimanda molto alla fantasia e al gusto del magico.
7 E’ importante rispettare i segreti dei bambini, fa parte del loro percorso di crescita avere la possibilità di confrontarsi con i propri pensieri e giocare con la fantasia. Il segreto è in qualche modo un gioco. È proprio attraverso il gioco e la fantasia che il bimbo sviluppa la sua personalità ed intelligenza. Ed è anche attraverso il gioco e la fantasia che il piccolo passa dall’essere una creatura completamente dipendente dagli altri alla nascita ad un individuo sempre più indipendente.
Il segreto è ciò che viene tenuto da parte rispetto al pubblico, separato e nascosto agli occhi altrui, senza essere rivelato, senza essere condiviso; il termine deriva dal latino secretum, participio passato del verbo secernere che significa separare, verbo composto a sua volta da se, che sta per sé e cernere,distinguere, setacciare (3).
È interessante l’etimologia del termine perché rimanda non solo al bisogno di nascondere ma anche al concetto di separazione. I bambini per crescere sereni hanno bisogno ad un certo punto di separarsi dall’identità genitoriale per sviluppare la propria identità e la propria indipendenza psichica. La separazione-individuazione è un buon processo dell’individuo che avviene durante la crescita.
I segreti in qualche modo fanno parte di questo processo, perché rappresentano un modo per affermare la propria identità e continuare a tracciare il percorso evolutivo verso l’autonomia, basti pensare ai bambini e preadolescenti che scrivono il diario segreto. Per questo motivo è importante aver rispetto delle fantasie e dei segreti di un bambino e che quest’ultimo possa sentirsi libero di custodirli senza temere l’invadenza di altri.
Ma è altrettanto importante chiarire ai piccoli che esistono diversi tipi di segreti. Ci sono i segreti buoni e segreti cattivi. Ogni segreto che li rende tristi o ansiosi e che incute paura è un segreto cattivo e pericoloso che non solo non deve essere mantenuto, ma deve essere raccontato il prima possibile all’adulto fidato che può essere il genitore, la maestra, un educatore, un medico ecc. (4)
Sarebbe importante evitare di caricare il bambino di ansia e timori perché altrimenti non potrà confidarsi se sente la preoccupazione del genitore, pensando che il suo problema possa aumentare quello dei genitori. È necessario spiegare ai bambini che c’è rispetto per i loro segreti, ma se qualcuno ha bisogno di ribadire che un segreto non va assolutamente rivelato ai genitori, allora non è più un buon segreto. Non è più una confidenza tra amici, ma è qualcosa di dannoso, motivo per cui è invece estremamente necessario esplicitarlo ai genitori. Se il segreto è preoccupazione va immediatamente svelato.
Questo tipo di segretezza, che di fatto va poi a celare una minaccia,è la strategia utilizzata dalle persone che vogliono abusare dei bambini;bisogna rassicurarli sul fatto che se gli viene detto di non parlarne, se anche vengono minacciati di essere ammazzati, o che quello è un segreto, o che i genitori non vorranno loro più bene o che agli stessi genitori verrà fatto del male o li puniranno, non è vero. Se dovesse capitare qualcosa di simile devono sentirsi liberi di parlarne sapendo che stanno facendo una cosa corretta e troveranno aiuto e protezione.
Approfondimenti giuridici Il legislatore italiano ha previsto un sistema di protezione volto a tutelare le vittime minorenni di reati a sfondo sessuale. Infatti, commette il reato di violenza sessuale chiunque costringe taluno a compiere o subire atti sessuali, con violenza o minaccia, oppure mediante abuso di autorità, o approfittando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona (art 609 8 bis C.P.)
Si ha un aggravamento della del reato di violenza sessuale, e quindi della pena, quando la vittima è un minore, in particolare nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 14 e nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16 della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il di lui convivente o il tutore (ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza). La pena viene ulteriormente aumentata se il fatto è commesso nei confronti di un minore che non ha compiuto gli anni 10 (art 609 ter C.P.)
La legge punisce come reato di violenza sessuale anche il comportamento di chi compia atti sessuali senza violenza e minaccia (art 609 quarter C.P.). Inoltre, la legge italiana punisce chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni 14, al fine di farla assistere (art 609 quinquies C.P.). Infine, la legge prevede che nel caso di reati concernenti la sfera sessuale, compiuti a danno di un minore di anni 14, il colpevole non possa invocare, a propria scusante, l’ignoranza dell’età della persona offesa (art 609 sexies C.P.). La pedofilia si manifesta, soprattutto negli ultimi anni, anche mediante l’utilizzo di Internet.
Con pedofilia on-line o cyberpedofilia, si intende il comportamento di adulti pedofili che utilizzano la rete per incontrare altri pedofili, per rintracciare o scambiare materiale fotografico/video a contenuto pedopornografico e per ottenere contatti o incontri con minori. L’art 609 undecies C.P., adescamento di minorenni, stabilisce che «chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli artt 600, 600 bis, 600 ter e 600 quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’art 600 quater, 600 quinquies, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni».
L’art 609 undecies C.P., inoltre, dispone che «per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione». Conclusioni L’elaborato ha voluto mettere in luce un aspetto dilagante nella società attuale: la pedofilia da alcuni anni sta dilagando in rete e i minori sono facile preda di questo fenomeno.
La prevenzione della pedofilia parte dall’instaurare una buona relazione con il minore: la comunicazione chiara, l’ascolto non giudicante, l’aiutarlo nel riconoscere le emozioni e nell’esprimerle e nella conoscenza del proprio corpo, a partire dal saper riconoscere quei segnali di allarme che può inviare in situazioni di pericolo.
Bibliografia
(1),(2),(3) “qui non si tocca”: Campagna di Prevenzione Del Consiglio d’Europa Dizionario Italiano American Psychiatric Association (2014) Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), Cortina, Milano Beltrani S., Marino R. (2016) Codice penale. Annotato con la giurisprudenza 2015-2016, Simone, Napoli Fornari U. (2015) Trattato di psichiatria forense, UTET, Torino