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Il trauma psichico e la cacciata dal giardino dell’Eden

Autore(i): Roberto Marino; Medico psichiatra. Dirigente medico Az. Osp. Pavia; Centro Eos. Pavia

Le dinamiche intrapsichiche dei soggetti traumatizzati possono ricordare le dinamiche della cacciata di Adamo ed Eva dal Giardino in Eden. Una riflessione su questo evento bilbico può aiutarci a meglio comprendere i soggetti vittime di un evento traumatico.

Varie sono le riflessioni sulle modalità di funzionamento psichico nei soggetti traumatizzati. In particolare la scuola francese pone l’accento sull’avvenimento traumatico come “un incontro non mancato con il reale della morte” (Briole 1994); tale incontro “dona” alla vittima una conoscenza non sopportabile, non simbolizzabile, che Lebigot concettualizza richiamando il concetto di rimozione primaria: un avvenimento traumatico è un evento che fa effrazione nella “zona della rimozione primaria” conducendo il soggetto di fronte ad un sapere impossibile.

Nella tradizione ebraico cristiana la colpa primordiale (il peccato originale), ricordiamo che il tema della colpa è fondamentale nell’economia del funzionamento psichico dei soggetti traumatizzati, si caratterizza proprio per essere un avvenimento che comporta l’assunzione di una conoscenza non ancora possibile.

Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi mise l’uomo (ish) che aveva formato.
Hasém Dio fece crescere dalla terra ogni albero gradevole alla vista e buono da mangiare, l’albero della vita dentro il giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. (…).
Hasém Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden per lavorarlo e custodirlo.
Hasém Dio comandò all’uomo dicendo: (potrai) certamente mangiare i frutti di tutti gli alberi del giardino. Ma i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male non mangerai da esso, poiché il giorno in cui ne mangerai certamente morirai
.” (Genesi 2-17)

L’esegesi legata al Midrash sostiene la temporalità del precetto che sarebbe stato espresso nel pomeriggio del sesto giorno della creazione e sarebbe stato valido solo fino all’inizio del settimo. Questa interpretazione richiama un aspetto degli avvenimenti traumatici spesso non sufficientemente considerato: l’ineluttabilità dell’attimo in cui l’evento si verifica. Così come sarebbe bastato attendere meno di un giorno per godere a pieno dei benefici dei frutti dell’albero della conoscenza, così, nell’immaginario dei soggetti traumatizzati, sarebbe bastato uno o pochi secondi per evitare l’evento traumatizzante. Basti pensare a un incidente stradale o a una specifica carrozza della metropolitana saltata per un attentato.

Subito dopo l’espressione del precetto Dio disse “non è bene che l’uomo sia solo, gli farò un aiuto di fronte a lui” e così formò dalla terra ogni specie di animale “per vedere come lo avrebbe chiamato; e in qualunque modo l’uomo avesse chiamato l’essere vivente tale sarebbe stato il suo nome. L’uomo attribuì dei nomi ad ogni bestia (…). Ma per l’uomo non trovò un aiuto di fronte a lui. Hasém Dio fece cadere un sonno profondo sull’uomo che dormì; prese una delle sue costole e chiuse la carne sotto di essa (…) Forgiò in donna la costola che aveva preso dall’uomo e la portò all’uomo. L’uomo disse: questa volta è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Sia costei chiamata ishà (donna) poiché dall’ish (uomo) costei è stata presa. (…) Ed erano entrambi nudi (…) e non provavano vergogna.” (Genesi 2- 17/24).

La parola tzèla tradotta con costola significa più propriamente fianco, lato. Dio creò la donna da un lato, da una porzione laterale di Ish, e gliela mise di fronte dopo aver chiuso la carne sotto di essa. Da notare che viene utilizzato più volte il termine “carne” e non “pelle” che verrà menzionata solo in seguito, precisamente poco prima della cacciata dall’Eden.

La parola Adam è formata dalle lettere ebraiche Alef, Daled e Mem che possono essere tradotte come: l’inizio della manifestazione; ciò che entra nella forma. Tale termine non ha un omologo femminile, sta quindi a rappresentare l’umanità nella sua Interezza; nella nostra accezione potremmo dire la Psiche.

Il termine Isch deriva da Iod e Schin e può essere tradotto come “tutto ciò che è nel suo principio”. Siamo in presenza dell’inizio della manifestazione dell’Uomo; l’archetipo Psiche in cui tutto è contenuto.

Da questo principio Dio separa il lato Ischa.

Ischa è al tempo stesso un verbo e un sostantivo derivante da Shin e Hé che può essere interpretato come “un lato dell’intelletto; la volontà sulla quale l’essere intellettuale si basa”. E’ a questo lato dell’Uomo che il serpente si rivolge.

Il serpente era il più astuto degli animali della campagna che Hasèm Dio aveva fatto. Disse alla donna: “ha forse detto Dio: non mangerete di alcun albero del giardino?. La donna disse al serpente: mangeremo i frutti degli alberi del giardino, ma riguardo al frutto dell’albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: non mangiatene e non toccatelo altrimenti morirete” (genesi 3- 2/5)

Il precetto di non toccare l’albero è stato aggiunto da Eva, in verità al momento ancora Isha, e mai pronunciato da Dio. Secondo Mischlè fu così che il serpente spinse Isha contro l’albero e le disse: “così come non sei morta toccandolo non morirai mangiandone i frutti”.

Non morirete affatto poiché Dio sa che il giorno in cui ne mangerete si apriranno i vostri occhi e diverrete come divinità che conoscono il bene e il male.” (genesi 3-6)

Le nozioni di male e morte sono qui connesse, ma non per questo coincidenti. Non s’intende la morte immediata ma il fatto che l’uomo divenne mortale; ovvero la conoscenza reale, non simbolica della morte che conduce alla mortalità e alla sofferenza.

Dopo aver mangiato il frutto “ gli occhi di ambedue si aprirono e seppero di essere nudi; cucirono delle foglie di fico e si fecero delle fasce. (…)”; ovvero acquisirono una conoscenza che genera colpa e vergogna. “Dio alla donna disse: renderò grandissima la tua pena e il dolore della tua gravidanza: con dolore partorirai figli (…) Ad Adam disse: poiché ai dato ascolto a tua moglie” , che noi potremmo in questo caso intendere: a quel lato di te che posto dinnanzi a te è stato fascinato, attratto da una conoscenza non permessa, “ed hai mangiato dell’albero di cui ti ho ordinato: non ne mangerai; sia maledetta a causa tua la terra con pena ne maneggerai i prodotti per tutti i giorni della tua vita (…) con sudore della tua fronte mangerai il pane finché non tornerai alla terra dalla quale fosti preso (…). Ed è ora che Adam “diede a sua moglie il nome Khavà poiché ella era madre di ogni essere vivente (khay). Hasém Dio fece all’uomo e a sua moglie delle tuniche di pelle e li vestì. Hasém Dio disse: l’uomo è ora divenuto come uno di noi nel conoscere il bene e il male: e ora bisogna impedire che stenda la mano e prenda anche dell’albero della vita, mangi e viva in eterno. Hasem Dio lo espulse dal giardino di Eden per lavorare la terra da cui era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la lama della spada ritorta affinché sorvegliassero la via dell’albero della vita”. (genesi 3- 12/23)

Si può immaginare che prima della conoscenza proibita sia Adamo che Eva fossero rivestiti di sola carne e che la pelle fosse un dono sostitutivo delle foglie di fico. Le conseguenze della conoscenza del bene e del male, a questo stadio di evoluzione, hanno condotto al nascere della vergogna, del senso di colpa e alla sofferenza, impendendo una conoscenza diretta dell’altro da sé e di parti di sé. Tale conoscenza è resa possibile solo in via riflessa attraverso il simbolismo, ovvero per mezzo di una “connessione”, simbolo, che permette un riconoscimento. E’ pertanto la pelle, che Dio ha donato ad Adamo ed Eva prima della cacciata dal giardino, che in quanto elemento di identificazione dei limiti del sé, permette l’allontanamento dell’oggetto e il suo riconoscimento solo tramite la conoscenza simbolica.

Dopo la trasgressione del precetto Adamo dona a Eva un nome altro da sé: non più isha, poiché da ish è stata presa, ma Khavà, ossia madre di ogni essere vivente. Eva diviene una parte del Sé individuata attraverso un nome (simbolo) della cui conoscenza ci si deve nuovamente riappropriare. E’ come se l’evento avesse causato una scissione, tema fondamentale nello studio del trauma psichico, fra Ish e Isha, ormai Adam e Khavà.

Vediamo ora nell’evento traumatico, come nel peccato originale, un incontro non mediato con la conoscenza del male e della morte, l’acquisizione di una conoscenza reale che causa vergogna, senso di colpa e sofferenza. Non è un caso che nella ricostruzione del proprio passato i soggetti traumatizzati ricordino una vita quasi perfetta, piena solo di gioia e soddisfazione, come se si fosse nel giardino dell’Eden. Così come si riscontra spesso un sentimento di colpa; quasi a suggerire che una parte del soggetto sia responsabile di quanto accaduto. Così come Eva, origine laterale di Adamo, è responsabile del peccato originale.


Bibliografia

Bailly L. (2007) Mètapsychologie de la traumatisation. Revue Stress e Trauma 2007; 7 (4): 239-243

Briole G. (1992) Quelle transmission pour la faute?; atti del “International Symposium Stress, Psychiatry and war”. WPA Paris 1992

Briole G, Lebigot F, Lafont B et al (1994) Le traumatisme psychique: rencontre e devenir. Ed Masson 1994

Lebigot F (2005) Traiter les Traumatismes psychiques Ed Dunod 2005

Genesi Ed avishay Namdar 2006