Dalla sofferenza al benessere psichico, prendiamo in cura persone non patologie
La storia è delineata dagli estremi, dalle pareti che contengono il campo entro cui ciò che osserviamo accade. Così la storia dell’assistenza a chi soffre nell’animo si caratterizza per istanze contrapposte che si fronteggiano: biologismo versus psicologismo; patologizzazione versus negazione assoluta della patologia psichica; terapia scientifiche versus terapie alternative; coercizione alle cure versus assoluta libertà di scelta della cura.
In queste prese di posizione, che sempre più frequentemente caratterizzano il comune operare degli operatori della salute mentale, si rischia di perdere di vista l’oggetto del nostro operare: l’uomo.
Lontani da considerare l’Uomo come una monade isolata dall’esterno e dipendente unicamente dai propri neurotrasmettitori, occorre non cadere nell’eccesso opposto che considera l’Uomo unicamente come elemento di une rete di relazioni.
L’Uomo è incarnato ed è proprio grazie a questa incarnazione che tesse relazioni che influenzano la stessa carne di cui è costituito. Nell’affiancarsi alla sofferenza psichica occorre tenere in considerazione queste complesse variabili.
La presa in carico si svolge prendendo in considerazione il ruolo svolto dai neurotrasmettitori come quello svolto dalle proprie fantasie e dall’ambiente in cui l’essere umano è inserito.