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Il problema della prevenzione del trauma psichico nei congiunti delle vittime dei disastri aerei: l’esperienza medico-legale pavese

Autore(i): Danesino P. (*), Barbieri C. (**)

 (*) Dipartimento di Medicina Legale e Sanità Pubblica “Antonio Fornari”, Università degli Studi di Pavia.
(**) Cattedra di Psicopatologia Forense, Università degli Studi di Pavia.

In base alle esperienze maturate in tema di disastri aerei, si è del parere che nella relazione tra il tecnico che deve esaminare i resti cadaverici delle vittime e i parenti di esse che collaborano alla relativa identificazione si instaura un tipo di rapporto molto particolare Questo, se gestito in modo inadeguato, espone il primo al rischio di formulare una identificazione errata ed i secondi ai rischi di una vittimizzazione, con eventuale aggravamento del trauma psicologico patito. In questi casi, quindi, si sottolinea la necessità di intervento di medici-legali che, oltre a competenze specifiche in tema di identificazione cadaverica, abbiano anche una formazione di tipo psicologico. Così facendo, il medico-legale, da un lato, può contribuire a dare un supporto psicologico al suo interlocutore, a prevenirne evoluzioni in senso peggiorativo del relativo status psicologico e ad evitare condotte incongrue di appropriazione dei reperti, mentre, dall’altro, può raccogliere tutte quelle notizie che servono a tutelare i diritti / interessi giuridici dei superstiti.

Parole chiave: disastri aerei, congiunti delle vittime, prevenzione, vittimizzazione

Premessa
In tema di disastri aerei, le acquisizioni scientifiche, pur numerose e destinate certamente ad aumentare con il progresso tecnologico-scientifico, appaiono abbastanza settoriali.

Infatti, sino al momento attuale, l’attenzione dei ricercatori si è incentrata o sui fenomeni psicopatologici prodotti dalle c.d. emergenze di massa (1,2,3,4,5), o sul problema del trattamento dei disturbi mentali nei superstiti delle catastrofi (6,7,8,9), o sui vari aspetti eminentemente tecnico-organizzativi di tipo medico-forense (10,11,12).

(∗) Dipartimento di Medicina Legale e Sanità Pubblica “Antonio Fornari”, Università degli Studi di Pavia, Via Forlanini n.12, 27100, Pavia

(∗∗) Cattedra di Psicopatologia Forense, Università degli Studi di Pavia, Via Forlanini n.12, 27100, Pavia

1) Croq L. La psicologia delle catastrofi e i disturbi psichici, in: Noto R, Huguenard P., Larcan A., Medicina delle catastrofi, Masson, Milano, 1989

2) Giannantonio M. (a cura di), Psico-traumatologia e psicologia dell’emergenza, Econmind, Salerno, II-2005

3) Croq L., Psicologia della catastrofi, Edizioni Universitarie, Napoli, 1991

4) Beltrandi S., Scarcella C., Aspetti psicopatologici delle emergenze di massa, Psychopatologia, Vol.XI, n.4, 1993

5) Lo Iacono, A., Troiano, M. (a cura di), Psicologia dell’emergenza, Editori Riuniti, Roma, 2002

6) Sgarro M., Post Traumatic Stress Disorder. Aspetti clinici e psicoterapie, Edizioni Kappa, Roma, 1997

7) Bremner D.J., Marmar C.R. (eds.), Trauma, Memory, and Dissociation. American Psychiatric Press, Washington, 1998

8) Giusti E., Montanari C. Trattamenti psicologici in emergenza con EMDR per profughi, rifugiati e vittime di traumi, Sovera Multimedia, Roma, 2000

Un settore solo parzialmente esplorato è quello delle possibili conseguenze giuridiche di alcune situazioni psico(pato)logiche riscontrare nei congiunti delle vittime, ambito questo a proposito del quale si concorda con chi sottolinea la necessità di adottare una “visione medico-legale e al contempo criminologica” del problema, configurandosi essa come “la più eclettica” e, perciò, “la più aperta ad intervenire” tanto sulla vittima diretta della catastrofe, quanto sul superstite della medesima (13).

In questa ottica, viene presentata l’esperienza del Dipartimento di Medicina Legale e Sanità Pubblica “Antonio Fornari” dell’Università di Pavia in tema di disastri aerei, esperienza maturata nei seguenti mass-disaster: ATR-42 Milano – Colonia del 15.10. 1987 (37 vittime); Boeing 747 Santa Maria delle Azzorre – Bergamo del 10.02.1989 (137 vittime); Ilyuscin 62 Avana – Milano dello 04.10.1989 (131 vittime). In questi casi, infatti, oltre alle problematiche concernenti le operazioni di ricostruzione, ricomposizione ed identificazione dei resti delle salme, già esaustivamente descritti dalla Dottrina (14,15), sono emersi altri aspetti, inerenti la prevenzione, nei congiunti delle vittime, di possibili effetti psicopatologici provocati sia dall’evento luttuoso in sé considerato, sia dall’azione stessa degli operatori.

9) Horowitz M. J. (2003), Sindromi di risposta allo stress. Valutazione e trattamento, Raffaello Cortina, Milano, 2004

10) Danesino P.,Conca P., Approccio operativo e considerazioni medico-legali in tema di disastri aerei, in: Vimercati F., Colonna M., Vinci F. (a cura di), Atti del XXX Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni – XII Convengno di Criminologia e Psichiatria Forense, Bari 27-30 Settembre 1989, Vol. II, Graphiservice, Bari, 1989

11) Tavani M., Danesino P., L’esperienza del Medico Legale in caso di catastrofe, I Corso Interregionale di Medicina d’Urgenza e di Catastrofe, Bellinzona, 29-31 Agosto, 1991

12) Di Luca N.M., Nardecchia E., Galassi M., Problematiche identificative nelle vittime di due catastrofi. Esperienze personali, Zacchia, n.65, 1992, pp.185–198

13) Bandini T., Gualco B., L’assistenza psicosociale ai superstiti nelle catastrofi, in: Frignano C., Mariani F. (a cura di), La medicina necroscopica oggi: aspetti pratico applicativi, Alghero 27-29 Aprile 2000, Editor Bucarelli A., Centro Stampa Scuola Sarda Editrice, Cagliari, 2003

14) Fornari A., Riflessioni medico-legali in tema di disastri aerei, in: Canepa G. (a cura di), Nuovi orizzonti della ricerca medico-legale, Giuffrè, Milano, 1995
15) Fornari A., Danesino P., Disastri aerei, in: Giusti G. (diretto da), Trattato di Medicina Legale e Scienze Affini, Vol. Secondo, Cap. LXV, CEDAM, Padova, 1998

Problematiche specifiche
A fini legislativi, l’identificazione di un cadavere è essenziale per la stesura della dichiarazione di morte, per tutte le conseguenze del caso (es. effettuazione della sepoltura o della cremazione cadaverica, esecuzione delle volontà testamentarie, riconoscimento di una pensione di reversibilità, etc.).
Tuttavia, nel corso della ricomposizione della salma, il riconoscimento dei resti comporta sia di interagire con i molti familiari delle vittime e di comunicare loro una notizia comunque traumatizzante sul piano psichico (elaborabile soltanto nel tempo e con l’auspicabile aiuto di personale competente), sia di acquisire dagli stessi quelle informazioni anamnestico-cliniche sul defunto che possono concretamente contribuire all’identificazione del medesimo.
In proposito, si ricorda che il numero delle persone presenti in questi casi è sempre rilevante e non è proporzionato al numero delle vittime, intervenendo spesso sia prossimi congiunti, che parenti “a latere”, o amici.

Con tutte queste persone, il medico-legale deve instaurare una relazione che sia rispettosa tanto della situazione emotivo-affettiva dell’interlocutore, quanto delle esigenze operative previste dal suo mandato giuridico. Infatti, se da un lato è necessario evitare l’aggravamento esponenziale della sofferenza
psichica dei superstiti (con domande ripetute inutilmente, creazione di false aspettative, richiesta di particolari giudicati “morbosi”, etc.), dall’altro però si devono acquisire tutte quelle conoscenze utili a fini identificativi, con le allegate conseguenze giuridiche (sepoltura / cremazione della salma, esecuzione delle volontà testamentarie del defunto, richiesta di pensione di reversibilità al familiare superstite, richiesta di risarcimento per un danno
biologico di natura psichica al medesimo, etc.).

Tali esigenze chiamano in causa due diverse impostazioni teoriche: la prima – di matrice essenzialmente clinica – suggerisce un’allocazione logistica dei parenti ad una certa distanza dai reperti, nell’ipotesi che il “distacco fisico” possa favorire quello “emotivo”, mentre la seconda – di tipo medico-legale – ne auspica una maggiore “vicinanza”, per poter sottoporre ai congiunti in modo diretto ed immediato tutti quegli elementi utili al riconoscimento delle vittime (fotografie dei resti, frammenti di indumenti, monili, oggetti personali, etc.), con le conseguenti accelerazione delle operazioni di riconoscimento cadaverico, di riduzione dell’ansia dell’attesa e, in qualche misura, anche di inizio dell’elaborazione dell’evento luttuoso.

Al riguardo, si rammenta che metabolizzare un dolore psichico prodotto da una situazione abbandonica grave, come quella che si verifica nei mass-disaster, richiede sia un “incipit” che coincide con il riconoscimento dell’avvenuta perdita, seguita dall’accettazione di tale realtà (16,17); sia una dimensione comunque “comunitaria”, poiché la possibilità di condividere il proprio status con persone in una condizione analoga può prevenire l’insorgenza o l’aggravamento di stress e di problemi emozionali anche notevoli (18,19). Certamente, nell’affrontare tale situazione, è necessario evitare che i superstiti siano esposti non solo a fattori ulteriormente stressanti, ma anche ad un’amplificazione dei medesimi, dato l’elaborazione del lutto appare un processo incerto e complesso per quanto riguarda sia l’evoluzione clinica delle sequele intrapsichiche cronologicamente successive al trauma, sia l’adeguata prevenzione della cronicizzazione delle medesime, sia la corretta valutazione dell’esistenza di un nesso di causa tra evento esterno e postumo (20,21,22), soprattutto perché non si deve mai dimenticare che “la prospettiva della morte costituisce l’angoscia fondamentale del vivente” (23).

Tuttavia, proprio per tutelarne anche i diritti giuridicamente sanciti, considerando che il riconoscimento è sottoscritto ufficialmente da un parente (in ordine gerarchico decrescente), si ritiene indispensabile una “partecipazione”, più o meno diretta, dei congiunti stessi. Questo fatto induce a chiedersi se il rapporto che si instaura tra un operatore (che esamina dei reperti cadaverici a scopi identificativi) ed un parente di una vittima (che gli 16) Markham U., L’elaborazione del lutto, Mondadori, Milano, 1997 17) Mangini E., Rizzo V., Marigo R., Onofri F., Fasi dell’elaborszione del lutto per la perdita dell’oggetto, Psichiatria Gen. Età Evol., Vol. 35, fasc. 3, 1998 , pp.315–328

18) Pangrazzi A., Aiutami a dire addio. Il mutuo aiuto nel lutto e nelle altre perdite, Erickson, Trento, 2002

19) Roccatagliata S., Un figlio non può morire, Editore Sperling & Kupfer, Milano, 2003

20) Astorre P., Crescini T., Maritati R., Mastromauro C., Persemoli L., Bacciu O., Falzetta A., Pelagalli L., Markovic O., Rondinelli M.B., La difficile elaborazione del lutto, INformazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria, n. 36–37, 1999, pp. 76-85

21) De Fazio F., Maselli V., Donini W., Bergonzini C., Il danno da lutto, Jura Medica, Vol. XV, n.2, 2002, pp. 491-502

22) Barbieri C., Riflessioni propedeutiche alla valutazione psichiatrico-forense del c.d. danno da lutto, Rassegna Italiana di Criminologia, Anno XIII, Fasc. 3–4, 2002, pp.413–435

23) Bernard P., Trouvé S., Semiologia psichiatrica, Edizione italiana a cura di Cazzullo C.L., Masson, Milano, 1979

fornisce informazioni utili a tal fine) si riduca soltanto ad una semplice ed asettica trasmissione di notizie, oppure se, in qualche misura, nel rapporto stesso siano presenti valenze riconducibili anche ad una c. d. “relazione di aiuto”, in considerazione del fatto che quella relazione è comunque intrisa di vissuti di perdita, di attesa, di rabbia e di rivendicazione (24).

In proposito, si deve considerare che una c.d. relazione d’aiuto non consiste solo in una dinamica nella quale un membro promuove la crescita e l’autonomizzazione dell’altro, tramite un intervento di supporto finalizzato alla comprensione ed al superamento della situazione contingente; ma comprende anche categorie concettuali che hanno una validità estendibile a tutti i tipi di relazioni umane, comprese quelle eminentemente valutative; infatti, la percezione di sé, l’esame della realtà concreta in vista di una scelta precisa, la consapevolezza delle proprie motivazioni sottese alla stessa opzione rappresentano dei concetti che sono insiti in situazioni più numerose di quelle identificate formalmente come relazioni terapeutiche o relazioni d’aiuto (25,26,27,28).

Ne consegue che, per armonizzare esigenze, apparentemente contrastanti, ma ugualmente necessarie e comunque indispensabili, il medico-legale deve essere in grado di stabilire un’adeguata relazione “medico-parente”, la quale deve mutuare, dalla tipologia della relazione “medico-paziente”, gli strumenti di comunicazione e di sostegno psicologico più idonei per tutelare sia la salute psichica dei superstiti, che i loro interessi / diritti giuridici. In merito, la letteratura è ricca di spunti e di richiami, sia quando sottolinea la posizione fondamentale del medico-legale nel trasmettere una notizia luttuosa o richiedere
notizie potenzialmente rilevanti a livello necroscopico (29), con tutte le sequele

24) Poloni N., Vender S., Vendetta e rivendicazione: due volti singolari del lutto. Riv. It. Med. Leg, XXV, 2003, pp.577-587

25) Salomé J.‚ Relazione d’aiuto e formazione al colloquio, Liguori, Napoli, 1966

26) Rogers C., Kinget M., Psicoterapia e relazioni umane, Bollati Boringhieri, Torino, 1970

27) Rogers C., Stevens B., Da persona a persona. Il problema di essere umani, Astrolabio, Roma, 1977

28) Rogers C., Un modo di essere, Martinelli, Firenze, 1983

29) De Fazio G.L., Zavatti P., Il medico-legale di fronte alla morte, in: De Fazio F., Medicina Necroscopica, Masson, Milano, 1997

psicopatologiche potenzialmente correlate (30); sia quando evidenza che anche nell’operato peritale sono implicite valenze terapeutiche molto importanti (31), laddove la domanda dell’esaminatore può verosimilmente indurre una riflessione ed una presa di coscienza nel suo interlocutore; sia quando afferma che, nella relazione esaminatore-esaminato, il primo, dopo essersi “avvicinato” empaticamente alla soggettività altrui, deve recuperare un sufficiente
“distacco”, per poter tradurre adeguatamente sul piano giuridico quelle informazioni clinicoanamnestiche così ottenute (32,33).

Così facendo, il medico-legale, indirettamente, contribuisce a dare un supporto psicologico al suo interlocutore ed a prevenirne evoluzioni potenzialmente peggiorative, mentre, direttamente, raccoglie tutte quelle notizie che servono a tutelare i diritti / interessi giuridici dei superstiti.
Soluzioni adottate e conclusioni Nelle esperienze maturate nei mass-disaster del 1987 e 1989, si è osservata una netta divergenza di opinioni sul modus operandi tra l’équipe psichiatrica e quella medico-legale, dal momento che la prima era propensa a filtrare il più possibile il contatto tra i congiunti
delle vittime ed i resti cadaverici dei medesimi; la seconda, al contrario, chiedeva un maggior coinvolgimento dei superstiti, onde espletare in tempi più brevi tutte quelle operazioni utili al riconoscimento delle vittime.

Inoltre, nei superstiti si sono osservati due quadri psico-comportamentali abbastanza diversi: da un lato, non sono mai emerse proteste per l’attesa, fenomeni di ansia e relativi inviti ad affrettare le attività dei necroscopi; dall’altro, però, si è notata “una sorta di sindrome 30) Rocco P.L., Mulè P., Il lutto complicato e il danno da morte del congiunto:note di approfondimento per gli psichiatri dei servizi, RSF, , Vol. CXXVI, n.3/4, 2002, pp.103–112 31) Luberto S., Le implicazioni terapeutiche nell’attività psichiatrico-forense, Criminologia e Psicopatologia-Forense, 1-3, 1993.

32) Costa N., Luzzago A., L’agire psichiatrico nella pratica psichiatrico–forense, in Rudas N., Ermentini A. (a cura di), Il problema etico-deontologico in psichiatria – Atti del Primo Congresso Nazionale della Società Italiana di Psichiatria Forense, Cagliari – Villasimius 8–11 ottobre 1987, Psychopatologia, Brescia, 1990.

33) Luzzago A., La gestione della relazione in Psichiatria forense, in Mastronardi V. (a cura di), Criminologia, Psichiatria Forense e Psicologia Giudiziaria – Scritti in memoria di Franco Ferracuti, Antonio Delfino Editore, Roma, 1996.

di appropriazione”, già segnalata da altri AA. (34) e consistente nel fatto che “taluni familiari, specie quelli di grado di parentela meno stretto, oppure amici della persona scomparsa, non esitavano a proporre riconoscimenti del tutto impossibili, implorando di «poter portare a casa qualcosa»…” (35).
La soluzione scelta, nei suddetti casi, fu quella di tenere i parenti vicino all’ambiente operativo, avendo però cura sia di suddividere gli stessi in gruppi, a seconda di alcune caratteristiche (sesso ed età) del defunto da riconoscere, sia di ammettere soltanto le persone emotivamente meno coinvolte all’esame ispettivo di un particolare distretto cutaneo, dopo aver celato le restanti parti cadaveriche. La formazione diretta di gruppi più ristretti e predeterminati ha così evitato l’esposizione a continui stress a tutto il complesso di persone presenti, velocizzando le attività identificative e riducendo il rischio di possibili condotte appropriative dei resti stessi, nel contesto di un anomalo processo di elaborazione del lutto. Tale esperienza, dunque, sembra utile per evitare sia i rischi della c.d. “vittimizzazione secondaria” dei superstiti dei mass-disaster, sempre possibile, anche se non sempre voluta dai soccorritori e dagli operatori tecnici, sia identificazioni erronee, sia restituzioni congrue dei reperti cadaverici.

Inoltre, attesa la possibilità di affiancare al medico-legale una figura professionale a formazione psico(pato)logica con finalità esclusivamente terapeutiche (preparare il superstite ad affrontare l’evento traumatico ed affiancarlo nel processo di superamento di questo), si sottolinea anche la necessità di far intervenire medici-legali che, oltre a competenze specifiche in tema di identificazione cadaverica, siano in possesso anche di un’analoga formazione di
tipo psico(pato)logico, per le implicazioni ed i risvolti della relazione che, per un certo periodo di tempo, si instaurerà con i congiunti.

34) André A., Timperman J., Brahy G., Problems :liedico-legaux liés aux catastrophes, XI Congrés de l’Academie lntemationale de Médecine Légale et de Médecine Sociale, Lyon 27-30 agosto 1979, Acta Medicinae Legalis el Socialis, Masson, Paris, 30:57-64, 1980

35) Fornari A., Riflessioni medico-legali in tema di disastri aerei, in: Canepa G. (a cura di), Nuovi orizzonti della ricerca medico-legale, Giuffrè, Milano, 1995

Riassunto
In base alle esperienze maturate in tema di disastri aerei, si è del parere che nella relazione tra il tecnico che deve esaminare i resti cadaverici delle vittime e i parenti di esse che collaborano alla relativa identificazione si instaura un tipo di rapporto molto particolare Questo, se gestito in modo inadeguato, espone il primo al rischio di formulare una identificazione errata ed i secondi ai rischi di una vittimizzazione, con eventuale aggravamento del trauma psicologico patito.
In questi casi, quindi, si sottolinea la necessità di intervento di medici-legali che, oltre a competenze specifiche in tema di identificazione cadaverica, abbiano anche una formazione di tipo psicologico.

Così facendo, il medico-legale, da un lato, può contribuire a dare un supporto psicologico al suo interlocutore, a prevenirne evoluzioni in senso peggiorativo del relativo status psicologico e ad evitare condotte incongrue di appropriazione dei reperti, mentre, dall’altro, può raccogliere tutte quelle notizie che servono a tutelare i diritti / interessi giuridici dei superstiti.