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L’interazione umana nell’era di internet. Una riflessione a partire dal modello della Finestra di Johari

Autore: Elisa Senna

INTRODUZIONE

Quando parliamo di comunicazione, parliamo di un processo complesso che ha una struttura specifica. Ogni comunicazione prevede: un emittente e un ricevente, un contesto nel quale sono inseriti, un codice condiviso (sistema di segni e simboli) con cui è espresso un messaggio e un canale attraverso cui passa il messaggio. Ogni componente può avere delle caratteristiche differenti e i diversi atti comunicativi possono avere diversi scopi, ma quale che siano le sue modalità o le sue funzioni, la comunicazione può essere sempre definita come un interscambio di significati fra persone.

Una volta appreso il linguaggio, l’individuo sa percepire il suo ambiente e può comunicare le proprie esperienze; attraverso l’interazione con altre persone, l’individuo può sviluppare un concetto di sé e degli altri che influenzerà i suoi comportamenti e le sue scelte di vita.

La comunicazione è, quindi, tra le capacità umane, quella che consente all’uomo non solo di esistere (individualmente e socialmente) ma di definire la propria identità; comunicando, l’uomo rappresenta se stesso e gli altri e si inserisce nella dimensione spazio-temporale del mondo.

Anche nella comunicazione si ripropongono allora quelle regole che scandiscono l’evoluzione umana, seguendone le modificazioni e le innovazioni. Internet costituisce un mezzo altro per comunicare e, come ogni media, concorre a determinare le leggi stesse della comunicazione (ovvero la forma, la struttura, il contenuto).

Questo articolo si propone di fare una breve analisi di quelle che sono le caratteristiche della comunicazione in Internet e delle cosiddette “relazioni virtuali”, evidenziando le differenze tra il mondo virtuale e il mondo fisico alla luce de “La finestra di Johari” un modello dell’interazione umana di Luft e Ingham (1955).

Per prima cosa, illustrerò il modello di Luft e Ingham e le sue componenti. Successivamente, elencherò le caratteristiche della comunicazione in Internet soffermandomi sulla descrizione delle comunità virtuali. A partire da quanto esposto, cercherò di delineare le discrepanze a livello di interazione umana tra realtà virtuale e materiale concentrandomi in particolare sui concetti di identità e intimità. Seguirà un approfondimento sulla peculiare realtà di Facebook, un sito di Social Networking molto frequentato dagli utenti della Rete. Verranno illustrati gli effetti che le condizioni e le modalità della comunicazione nella Rete possono avere sui processi di autorivelazione e feedback, come descritti nel modello di Johari. In conclusione, discuterò di come la considerazione dell’impatto che l’avvento di Internet e il suo massiccio utilizzo hanno avuto e stanno avendo sulla società moderna sia ormai imprescindibile nell’approcciarsi allo studio della comunicazione e delle interazioni umane.

1. LA FINESTRA DI JOHARI

Negli anni ’50 due ricercatori Americani, Joseph Luft e Harry Ingham (1955) alle prese con la ricerca sulla struttura e le dinamiche dei gruppi sociali idearono un modello che descrive il processo dell’interazione umana in modo semplice ed efficace. Il modello si costituisce di un pannello somigliante ad una finestra diviso in 4 quadranti, (vedi FIG.1), che rappresentano diverse aree della consapevolezza umana e che si allargano o si restringono a seconda dei processi dinamici che regolano le interazioni; esso viene chiamato “La finestra di Johari”, dall’unione dei nomi di battesimo dei due creatori.

Johari Window Model

Il primo quadrante è definito “Area pubblica”e si riferisce a tutto ciò che sia noi che gli altri conosciamo di noi, informazioni che possono includere aspetti più superficiali come il genere, lo status sociale, le caratteristiche fisiche, i comportamenti e altri aspetti più profondi come valori, paure, modi di pensare, sentimenti che una persona decide di condividere con gli altri.

Il secondo quadrante è chiamato “Area cieca” e rappresenta cose che gli altri vedono di noi ma di cui noi non siamo consapevoli, vale a dire, le impressioni che facciamo agli altri, l’idea che diamo di noi stessi. Fin dal primo impatto con gli altri, infatti, comunichiamo una serie di informazioni di cui non siamo consapevoli, ma che hanno un impatto sugli altri e sulla loro percezione di noi.

Il terzo quadrante è l’ “Area privata”, ovvero ciò che noi sappiamo di noi stessi ma preferiamo non rivelare agli altri. Essa può, ad esempio, comprendere sentimenti, eventi, paure che nascondiamo agli altri per paura di una reazione negativa.

Il quarto quadrante è definito “Area buia” e rappresenta aspetti di noi che sono sconosciuti sia a noi che agli altri. In essa sono inclusi quindi, sentimenti, attitudini, potenzialità inesplorati che fanno parte di noi ma ci sono ignoti. I contenuti di quest’area possono con l’esperienza, la maturazione e le condizioni relazionali adatte passare a livello di coscienza secondo quello che viene definito processo di insight.

L’ampiezza dei quadranti varia da persona a persona e per una stessa persona ci possono essere variazioni a seconda del contesto sociale o delle relazioni che vengono rappresentate. Gli autori (Luft & Ingham, 1955) hanno individuato dei principi di cambiamento, ne cito alcuni:

  1. La finestra è un sistema: il cambiamento di una parte si ripercuote sul tutto
  2. Ci vuole più energia per nascondere aspetti personali piuttosto che manifestarli apertamente
  3. Il senso di minaccia fa diminuire la consapevolezza; la fiducia la fa aumentare
  4. Forzare una persona a rivelare aspetti di sé non è efficace, anzi spesso controproducente
  5. Si può parlare di apprendimento interpersonale quando è avvenuto un ampliamento dell’area pubblica e quindi un restringimento delle altre aree.
  6. L’aumento dell’area pubblica favorisce la creazione di un clima di collaborazione
  7. Più è ridotta l’area pubblica, più la comunicazione è povera.
  8. C’è una curiosità universale riguardo l’area buia, ma è repressa e controllata dai costumi, dagli apprendimenti sociali e da molte paure
  9. Vi è sensibilità quando si rispetta la volontà degli altri di tenere privati i contenuti delle aree buia, cieca e privata.

Il presupposto di fondo del modello è che la costruzione e la definizione di sé e di un proprio progetto esistenziale avvenga necessariamente a contatto con i ricchi e complessi intrecci relazionali tra la persona e il suo gruppo, per cui l’ampliamento dell’area pubblica rappresenta la modalità concreta attraverso la quale si persegue la maturità personale, relazionale e di gruppo. Le interazioni con gli altri contengono infatti la possibilità di allargare il dominio della “visibilità”, e quindi la consapevolezza di aspetti di sé sia riguardo a se stessi che riguardo agli altri.

L’individuo può intraprendere un percorso di consapevolezza attraverso due modalità: un percorso interno, che parte dalla persona che scopre tramite l’insight aspetti sconosciuti di sé, li integra rispetto all’organizzazione della propria immagine di sé e successivamente li mette a conoscenza degli altri (dall’area buia a quella privata e successivamente a quella pubblica); un percorso esterno, che passa attraverso l’iniziale individuazione da parte degli altri di aspetti che la persona non coglie (dall’area buia a quella cieca) e il successivo svelamento di questi, in modo da permettere alla persona in questione di integrarli per correggere e ridefinire la propria percezione di sé; se il percorso ha buon fine e l’individuo riesce ad utilizzare il feedback che viene dagli altri, allora si realizza anche il passaggio dall’area cieca a quella pubblica.

La dinamica del modello è quindi regolata da due processi che si modulano reciprocamente: l’autorivelazione e la richiesta di feedback.
L’autorivelazione è quel meccanismo per cui una persona condivide e rivela aspetti di sé, che conosce, agli altri. Questo movimento comporta un ampliamento dell’area pubblica e un restringimento di quella privata. Ad esempio, la prima volta che incontriamo una persona, la dimensione dell’Area Pubblica non sarà molto grande, man mano che aumenta la conoscenza reciproca, se si crea un clima di fiducia, le persone saranno spinte a condividere più informazioni. Per avere efficacia la comunicazione deve essere chiara e comprensibile ed effettuata in maniera onesta, autentica e congruente.
Il feedback è il processo attraverso cui io divento più consapevole di ciò che riguarda me stesso attraverso le informazioni che gli altri mi comunicano relativamente ad aspetti di me che esprimo ma di cui non ho conoscenza ( o ne ho solo in misura parziale). Esso può riguardare comportamenti, opinioni, riconoscimento di competenze e capacità, sottolineatura di difficoltà o spinta e rinforzo all’azione e comporta un restringimento dell’Area Cieca a favore di quella Pubblica. Perché il feedback dia frutti è necessario che da una parte vengano presentate in modo corretto le implicazioni sugli altri del modo di agire della persona cui è diretto il feedback, e dall’altra che sia presente la disponibilità a ricevere e a cogliere tale feedback. Nel dare un feedback bisogna quindi considerare diversi aspetti che riguardano lo stato fisico ed emotivo dei due interlocutori, la relazione e il contesto al fine di comunicare il feedback in maniera rispettosa e favorirne quindi la sua integrazione positiva.

In conclusione, quello che emerge è che sia il feedback che l’autorivelazione funzionano solo nella misura in cui le persone coinvolte interagiscono costruttivamente e che sono in diretta relazione con l’obiettivo del sistema, ovvero l’ampliamento dell’area pubblica.

Secondo gli autori, tenere nascosti degli aspetti o negarli, richiede energia in quanto devi stare costantemente in guardia, a scapito di spontaneità, libertà e benessere nelle interazioni. L’ampliamento dell’area pubblica, invece, rende più liberi di essere se stessi e di percepire gli altri come sono realmente; aumentando la fiducia reciproca, ci si sente più sicuri e meno vulnerabili e quindi diminuisce il bisogno di nascondere sentimenti e pensieri rilevanti in una sorta di circolo virtuoso che favorisce lo sviluppo dell’individuo e il benessere nelle relazioni.

2. LA COMUNICAZIONE NELL’ERA DI INTERNET: IL COMPUTER COME MEDIUM SOCIALE


2.1. La comunicazione in Internet

Internet, la Grande Rete, rappresenta uno dei principali mezzi di comunicazione dell’epoca contemporanea, un medium che ha rivoluzionato i sistemi e le modalità di comunicazione e quindi ha avuto e sta ancora avendo nelle sue evoluzioni, un importante impatto sulle relazioni e le situazioni sociali. Per poter capire meglio questo fenomeno è utile dare una serie di indicazioni su che cos’è e in quali forme si presenta la comunicazione in Internet.

2.1.1. La CMC

Quando parliamo di comunicazione attraverso internet, parliamo di CMC, ovvero di comunicazione mediata dal computer (Computer-Mediated-Communication), essa fa parte del più vasto territorio delle “telecomunicazioni”.

Tutte le forme di telecomunicazione permettono di comunicare a distanza attraverso specifici media, quali la radio, la televisione, il telefono, il fax, sino al computer. Le reti telematiche (tele-comunicazione+infor-matica) permettono l’utilizzazione del computer come mezzo di comunicazione, al di là della sua origine come strumento di calcolo, dunque i computer e le reti hanno reso possibile la nascita di molteplici veicoli informativi e di discussione che, con il ridursi dei costi di collegamento e il progressivo diffondersi dell’alfabetizzazione informatica, sono esplose nella quotidianità della popolazione mondiale “tecnologicamente informatizzata”.

2.1.2. Forme di CMC

Le principali attività che si possono svolgere su una rete di elaboratori sono l’accesso a risorse informative e la comunicazione interpersonale; l’interazione può avvenire in tempo differito (comunicazione asincrona) o in tempo reale (comunicazione sincrona). In particolare, tra le principali forme di comunicazione asincrone troviamo la posta elettronica, le mailing list e i newsgroup.

Modalità di interazioni sincrone sul Web possono essere le Chat e le piattaforme di gioco (MUD). La posta elettronica (e-mail) è una forma di comunicazione asincrona che consente lo scambio di messaggi in formato elettronico tra due o più utenti; la mailing list è una lista di e-mail, ossia una lista di discussione, costituita da gruppi di persone che condividono un determinato interesse per scambiarsi informazioni e opinioni; i newsgroup sono simili alle mailing list, solo che i messaggi di un gruppo di interesse non vengono spediti ai partecipanti, ma raccolti su un computer centrale che gestisce il servizio, a cui l’utente può collegarsi quando lo desidera.

Le chat sono strumenti di istant messaging, cioè adatti allo scambio istantaneo di messaggi, esse possono essere organizzate in diversi modi, in una dimensione che va dal privato (es. utilizzo di software specifici per comunicazioni private tra due o più utenti, come Messenger) al pubblico (es. i cosiddetti forum, stanze di dialogo multiutente suddivise per argomenti di discussione).

I MUD sono scenari di gioco virtuale in cui più utenti partecipano contemporaneamente.

2.1.3. Il Paradigma della Rete: un nuovo modello di comunicazione

Da una prima descrizione di alcune diverse forme di CMC si può intuire come il modello della Rete, sebbene appartenente alla categoria delle telecomunicazioni, sia diverso sia da quello della radio e della televisione (un modello verticale, gerarchico e unidirezionale, in cui il messaggio circola immodificabile da uno a molti), sia da quello del telefono (orizzontale, interattivo e bidirezionale, ma con possibilità di connessione soltanto uno-uno).
Una Rete e’ orizzontale, interattiva e bidirezionale come il telefono, ma consente una comunicazione da molti a molti teoricamente illimitata (in pratica limitata dalla capacità delle linee quanto al numero di soggetti connessi, e dalla cosiddetta “larghezza di banda” quanto alla quantità e qualità dei dati trasmessi). In una Rete non c’è nessun monopolio dell’informazione determinato automaticamente da una data posizione nel circuito informativo: ogni nodo può essere contemporaneamente emittente e ricevente, e dipende solo dalla scelta del singolo il suo ingresso in un ruolo o in un altro (Gallo, 1996).

L’avvento della CMC, quindi, ha avuto un impatto tale sull’individuo e sulle organizzazioni da rendere necessario il superamento dei precedenti modelli della comunicazione e l’emergere di nuovi paradigmi esplicativi. Il modello tradizionale concepiva la comunicazione come semplice passaggio di informazioni da un emittente ad un ricevente: esso concepiva la comunicazione solo come trasporto di messaggi lungo una “conduttura” (pipeline) (Trevino et al., 1990). Il nuovo paradigma, per le maggiori possibilità di interazione, favorisce la comunicazione come costruzione comune di significati (network paradigm): non più il trasferimento di un messaggio da un emittente ad un ricevente con il ritorno dell’informazione all’emittente a chiudere il ciclo secondo il modello lineare, ma un processo di negoziazione del senso da dare alle varie situazioni (Stasser, 1992) tra un insieme di attori all’interno di una relazione strutturata. L’attenzione in questo modello è quindi focalizzata sugli individui come attori operanti all’interno di una Rete che consiste di relazioni indipendenti incapsulate in strutture organizzative e sociali (Rice, 1990).

2.1.4. Un nuovo mondo percettivo: il Cyberspazio e la realtà virtuale

Il computer ed il network non sono concepiti solo come un medium per la comunicazione, ma costituiscono anche uno spazio in cui essa si possa sviluppare (cyberspazio). Un mondo di parole, di immagini, di relazioni che sono mediate dal computer e che esistono solo attraverso esso, “un ambiente di esperienza e di comunicazione” (Mantovani, 1995).

Diversamente dagli altri canali comunicativi, Internet non segue le leggi logiche dello spazio e del tempo, anzi, pare stravolgerne le coordinate. Attraverso l’utilizzo di internet, l’intero campo percettivo viene ad esser cambiato: caduta la predominanza visiva, è adesso il tatto che ci conduce nel mondo.

L’applicazione più familiare della CMC, è, infatti, l’interazione basata su testo. La scrittura utilizzata online è, però differente dalla scrittura alfabetica tradizionale: è un tipo di scrittura che deve sopperire alla mancanza di uno spazio sociale fisico visibile proprio delle relazioni umane creando il suo contesto, che sarà necessariamente formato nello spazio immaginario, nella mente e non nel mondo fisico (Pravettoni, 2002).

Cambiano i parametri spazio-temporali e l’utente passa da una concezione di spazio chiuso, che induce contenimento e, quindi, sicurezza, ma anche immobilità e dipendenza, ad una rappresentazione di spazio aperto, libero e senza confini, ma anche pericoloso e autonomizzante. Ugualmente, il tempo perde la sua dimensione cronologica e storicizzata, per acquisire carattere di sincronicità e simmetria, attribuendo sempre meno peso ai significati e alle cause per porre invece maggiore attenzione ai rapporti e agli scambi (Maghini) . L’individuo viene iniziato a una nuova dimensione, quella della realtà virtuale, che pone in primo piano la peculiarità della CMC, l’interazione non è legata alla presenza fisica degli interlocutori, realizzando l’ideale del network paradigm: una comunicazione che lasci alle proprie spalle il trasferimento di informazione tra due interlocutori per diventare una rete attiva, in cui informazioni e realtà coincidono. In tale ottica la realtà virtuale è vista come un ambiente di comunicazione totale e totalmente accessibile in cui è l’utente stesso a decidere i tempi e i modi.: il suo spazio, cyberspazio, è senza confini ed è accessibile da ogni punto del globo, dovunque ci sia un computer collegato in Rete.

Il cyberspazio, questa sorta di mondo parallelo popolato dai “cybernauti” fornisce uno “spazio altro” in cui poter sviluppare nuovi modi per essere insieme, in questo senso le comunità virtuali ne sono una prima testimonianza.

2.2. Le comunità virtuali

La storia della Rete ha visto nella sua funzione sociale una delle principali aree di sviluppo: inizialmente utilizzata per scopi scientifici e militari, già dagli anni ’80 negli Stati Uniti, in Europa un decennio più tardi, un numero sempre maggiore di persone inizia a vivere la Rete puramente per scopi di relazioni interpersonali e di intrattenimento. Proliferano quindi i software creati a tale scopo e cominciano a crearsi le cosiddette “comunità virtuali (CV), ovvero gruppi formati da persone che sono entrate in contatto attraverso la Rete e creano rapporti di comunicazione e, a volte, relazioni interpersonali con gli altri membri.

Esiste una grande varietà nei fenomeni in Rete ed è complesso darne una classificazione, in quanto sono in continuo cambiamento, ma, in generale è possibile distinguere tra tre tipologie di CV: comunità strutturate; comunità non strutturate; comunità a struttura mista (Pravettoni, 2002).

Le comunità strutturate presentano un’organizzazione formalizzata, regole e sanzioni istituzionalizzate, ma autoimposte, meccanismi formali di interazione sociale, un obiettivo comune esplicito, e, di solito, sono radicate nella comunità territoriale o in qualche modo promuovono il prolungamento delle relazioni sociali nella vita reale; gli strumenti più utilizzati da queste CV sono quelli che permettono modalità di comunicazione asincrona (es. e-mail). Esse possono essere aperte, quando non c’è limite al numero di membri né prerequisiti per accedervi, o chiuse quando esistono barriere all’accesso alla comunità. In questi aggregati, l’influenza individuo-gruppo-individuo è forte e quindi lo sono anche il coinvolgimento e il senso di appartenenza al gruppo.

Le comunità non strutturate, invece, sono fluide e instabili, utilizzano una modalità di comunicazione sincrona (es. la chat), con toni molto informali e un’alta velocità degli scambi. Esse sono generalmente aperte a chiunque e hanno una durata temporanea: si aprono nel momento in cui qualcuno decide di aprirle e muoiono quando non c’è più nessuno in linea. L’aggregazione è fondata sulla condivisione del momento, l’interazione è occasionale e basata sull’anonimato degli utenti, questo favorisce una fluidità dell’identità, la possibilità per i partecipanti di sperimentare diversi aspetti della propria identità.

Le comunità a struttura mista presentano caratteristiche che le collocano a una via di mezzo rispetto alle prime due.

Un’altra possibilità di classificazione delle CV è quella di distinguerle in base alle modalità di nascita, infatti le modalità di costituzione di una CV influenzano massicciamente la percezione della vicinanza degli altri e la qualità e la quantità di dinamiche interpersonali e di gruppo che si formano tra i membri. Ci possono essere: CV spontanee, create dal basso; CV spontanee, aiutate dall’alto; CV costruite dall’alto.

Nel primo caso si collocano tutte le CV che vengono create dai singoli o da un insieme di individui che hanno qualcosa in comune e che decidono di costruirsi uno spazio collettivo dove potersi scambiare informazioni e comunicazioni (es. le mailing list).

Nella seconda categoria rientrano tutte le CV che nascono dal basso, dai singoli o da un insieme di individui, ma che vengono realizzate concretamente grazie alla messa a disposizione, da parte di un soggetto esterno, di un’infrastruttura, cioè di una piattaforma hardware e software che, gratuitamente o a pagamento, ne permetta lo sviluppo (es. i gruppi di Yahoo).

Il terzo caso riguarda invece CV create da un soggetto che poi le pubblicizza e, senza parteciparvi in prima persona, cerca di coinvolgere e far diventare membri altre persone. In questa categoria rientrano tutte le CV a scopi commerciali e didattici.

Non è ancora chiaro quale sia l’elemento decisivo nel decretare il successo e la durata di una CV, ma è ampiamente dimostrato che le comunità spontanee dal basso sono quelle nelle quali i membri percepiscono maggiormente un senso di comunione e vicinanza con gli altri membri. Il fatto che la comunità sia costituita dai suoi stessi membri a sia plasmabile nel tempo, infatti, fa percepire lo spazio co-costruito in modo più realistico, con la conseguenza di un forte coinvolgimento emozionale (Pravettoni, 2002).

Recentemente si è sviluppato un nuovo fenomeno, quello degli Online Social Network come Facebook, MySpace o Friendster, nei quali l’utente attraverso la pubblicazione sul sito di un profilo, che può contenere i propri gusti e interessi, ma anche foto e dati personali, si presenta agli altri membri del social network con i quali può interagire con uno scambio di messaggi pubblico o privato e costituire gruppi di amici. Questi siti possono essere utilizzati per conoscere nuove persone, sulla base, ad esempio, di interessi condivisi, ma anche per mantenersi in contatto con una rete di persone che appartengono al mondo “offline” come amici, colleghi di lavoro o compagni di scuola. Proprio per questa particolare struttura, questi siti possono rappresentare un importante area di studio nell’ambito dell’evoluzione delle modalità di interrelazione umana tra il virtuale e il reale.

3. LE RELAZIONI UMANE SU INTERNET

Cosa succede nelle relazioni virtuali e quali sono le differenze con quelle del mondo fisico?

Nel corso del paragrafo cercherò di rispondere sinteticamente a questi interrogativi partendo dalla premessa che ogni nuovo mezzo tecnologico non è neutrale, bensì ha un potere ristrutturante delle definizioni di situazioni sociali nelle quali siamo immersi. Il medium Rete è in grado di definire nuove situazioni sociali e nuovi luoghi per la socialità: questo comporta da parte del singolo, e a maggior ragione quando questi opera in gruppo, l’elaborazione di strategie di interazione e presentazione nuove, talvolta piuttosto banali, tra l’altro profondamente significative per il modellamento della personalità e dei successivi rapporti inter e intra-gruppali (Pravettoni, 2002).

In particolare, alla luce del modello della Finestra di Johari (Luft e Ingham, 1955) sulle interazioni sociali descritto nel primo paragrafo, vorrei fare una breve analisi di ciò che avviene nel contesto virtuale per quanto riguarda il flusso di informazioni riguardo se stessi e gli altri, a partire dai concetti di identità e intimità. Dopo la riflessione generale mi soffermerò sul fenomeno degli Online Social Network (OSN) attraverso la descrizione della peculiare realtà di Facebook. Descriverò, quindi quali possono essere le peculiarità dei processi di Autorivelazione e Feedback in Rete sottolineando le discrepanze con quanto illustrato e prescritto nel modello di Luft e Ingham.

3.1 Identità e autopresentazione nella Rete

La nostra identità si modifica continuamente in relazione ai contesti sociali in cui ci troviamo; nel caso di un’identità online, la trasformazione possiede un grado di intenzionalità assai maggiore rispetto alle modificazioni quasi automatiche che avvengono in contesti reali. In Rete il soggetto può dirigersi verso l’espressione di una precisa identità con atto consapevole e nozione degli effetti che intende generare. Questo può avvenire sulla base di una peculiarità che caratterizza le relazioni attraverso il mezzo tecnologico: l’assenza del corpo.

Nell’ambito del reale, il corpo è asse portante dell’interazione; nell’ambito del virtuale, l’asse portante è il testo, mentre il corpo è celato. Nel cyberspazio ciò che scriviamo ci identifica, la soggettività di ognuno è il personaggio del racconto che vogliamo raccontare/arci. L’assenza del corpo e della comunicazione non verbale è significativa, da un lato perché libera da pregiudizi propri e degli altri, dall’altro perché facilita comportamenti disinibiti. Si può essere ciò che si desidera essere, il superamento del limite geografico, corporeo, ma anche e soprattutto identitario , apre la possibilità alla sperimentazione dell’identità, che in rete è più libera e flessibile, mutevole e situazionale (Pravettoni, 2002). Dalla compresenza si passa alla tecnopresenza, più esaltante e disinibitoria perché prevede un coefficiente di rischio minore: l’apparato fisico non è messo in gioco e non ci sono vincoli spazio-temporali, per cui la mente può prendersi “maggiori libertà” (Di Maria, Canizzaro, 2001).

Quando l’individuo si trova in Rete ad interagire con altri utenti, così come avviene nel mondo reale, le modalità di presentazione influenzano l’impressione che gli altri si fanno di lui e quindi il successivo andamento delle relazioni. Nelle situazioni vis à vis le persone si formano molto velocemente, in pochi minuti, un impressione iniziale degli altri per decidere se portare avanti o meno la relazione (Sunnafrank, 1986). Di conseguenza, per raggiungere obiettivi relazionali e di altro tipo, gli individui cercano di controllare l’impressione enfatizzando strategicamente alcune caratteristiche e dissimulandone altre (Sunnafrank, 2004; Goffman, 1959). Nelle interazioni online si manifestano gli stessi comportamenti, ma l’auto-presentazione online può essere più manipolabile e soggetta all’autocensura rispetto alla situazione vis a vis per il fatto che nella Comunicazione Mediata dal Computer (CMC) sono enfatizzati dei segnali verbali e linguistici, molto più controllabili dei segnali non verbali (Walther, 1996). Il vincolo testuale dell’ambiente di interazione può favorire chi trova difficoltà a interagire a causa di un aspetto fisico che non accetta, o chi è timido; tuttavia, essendo un canale che veicola poca informazione per volta, vi è una maggiore facilità di incomprensioni o interpretazioni scorrette ed è più facile mentire e fornire un’auto-presentazione ingannevole (De Paulo et al.; Walther, 1996).

Secondo alcuni autori, la possibilità di poter manipolare aspetti di sé a proprio piacimento può avere un’accezione positiva. In particolare, G. Pravettoni (2002) in un suo lavoro afferma che in Rete non si fa altro che rappresentare esternamente la molteplicità che ogni essere umano incarna; i diversi ruoli; aspetti di quel che si è nella realtà fisica quotidiana possono essere dissociati, potenziati e integrati. Ci si può dissociare, presentando di sé solo alcune componenti ed è possibile anche, data la presenza in Rete di molti gruppi di interesse altamente specifici, potenziare al massimo grado una propria caratteristica o un proprio interesse specifico. Dunque, separare o assemblare la propria personalità on-line può innanzitutto essere un modo efficiente e sano di gestire la molteplicità del Sé. Gli aspetti negativi della propria identità possono essere estromessi o elaborati, mentre quelli positivi possono essere meglio espressi e sviluppati. L’ambiente della Rete può dunque favorire la crescita dell’individuo anche se permane il rischio di sviluppare in esso un circolo vizioso di rappresentazioni o provocazioni fini a se stesse.

3.2 Intimità e Privacy

Nella Rete si attua una ridefinizione completa di pubblico e privato, che comporta l’irrilevanza dell’identità corporea e la visibilità pubblica mutevole e proteiforme (Stone, 1995).

Roversi (2001) a tal proposito ha coniato il termine “intimità tecnologicamente mediata”.

Secondo l’autore, nella vita reale il termine intimità è fondamentalmente usato nelle due accezioni di: Sfera personale privata, che, nelle relazioni più formali rimane inaccessibile allo sguardo altrui; Sfera dei rapporti intimi e personali, cioè ciò che è diventato comune con gli altri, una violazione permessa ed accettata della parte più nascosta del proprio Sé. Per cui, si diventa intimi quando la sfera dei rapporti intimi e personali viene superata, ovvero quando si ritiene opportuna e naturale, da parte di entrambi gli interlocutori, l’accessibilità ad informazioni sul Sé che sono nascoste ad altri. Nelle relazioni di amicizia e di affetto quotidiane, vissute nella realtà, la penetrazione nelle rispettive sfere intime è un processo tendenzialmente lungo, puntellato dalla discrezione e dal senso del pudore:si saggia continuamente il grado di apertura e accessibilità dell’altro.

In Rete, dove ogni elemento, e quindi anche l’intimità e i suoi segnali, viaggia attraverso il mezzo tecnologico, può accadere che la soglia del pudore che difende la sfera dell’intimità personale non sia così facilmente definibile e che raggiunga facilmente dopo poche ore di chiacchiere, e anche con sconosciuti, livelli piuttosto bassi di autoprotezione quando ci si trova in presenza di un interesse percepito come sincero attraverso le parole che giungono dallo schermo.

Bisogna considerare che la comunione, quasi sempre di interessi, ideali, obiettivi, è la ragione costitutiva delle comunità virtuali. Se infatti nel mondo reale prima si conoscono le persone e poi si scoprono le cose in comune, in Rete si va nei luoghi dove si trovano i propri interessi e poi si conoscono le persone che li condividono.

Nei siti di networking sociale (OSN, es. Facebook, Friendster, Match.com) questo fenomeno assume particolare interesse: essi sono strutturati in modo da favorire il contatto tra gli individui e quindi lo svelamento di informazioni personali nei cosiddetti profili, strumento tramite cui gli utenti si presentano alla “comunità”, è perlopiù incoraggiato. Le informazioni rivelate spesso non riguardano soltanto hobby e interessi ma anche informazioni private come l’utilizzo di droghe o le preferenze sessuali. Inoltre, l’aspirazione di alcuni di questi siti è quella di connettere i profili dei partecipanti con la loro identità pubblica e quindi viene sollecitato l’utilizzo di informazioni reali e la pubblicazione di fotografie che rendano la persona identificabile.(Gross e Acquisti, 2005).

La conseguenza è uno stravolgimento delle modalità di creazione e mantenimento dei legami sociali. Come era sottolineato dal modello di Johari (vedi cap.1), il processo di svelamento di informazioni, di apertura nei confronti degli altri, è alla base dei meccanismi di interazione umana ma lo scenario che si presenta nelle reti sociali virtuali è differente da quello del mondo reale.

Per prima cosa, nella rete sociale di ogni persona vi sono relazioni di diversa profondità e forza a seconda del livello di intimità e vicinanza raggiunto e percepito (Granovetter, 1973). Mentre per la rete offline è difficile fare una categorizzazione precisa di legami deboli e forti, negli OSN le relazioni vengono spesso ridotte a una semplicistica classificazione binaria del tipo “Amico o Non Amico” in cui l’”Amico” ha accesso diretto e immediato a tutte le informazioni del nostro profilo. Le ricerche fatte sull’argomento rivelano che la maggior parte degli utenti tendono a classificare come “Amico” chiunque essi conoscano e non disprezzano in modo attivo, ovvero anche persone che si conoscono solo superficialmente nelle quali non si ha particolare fiducia (Boyd, 2004).

Inoltre, mentre la tecnologia dell’online social networking non influenza il numero di legami stretti che una persona può mantenere, la facilità e l’economicità della comunicazione di questi siti favoriscono un sostanziale aumento del numero di legami deboli. Per cui se nel mondo reale una persona in media può avere al massimo una dozzina di legami intimi e significativi e un migliaio di “conoscenti” (Donath and Boyd, 2004; Strahilevitz, 2004) , in una rete virtuale gli “amici” diretti possono essere un centinaio e quindi decine di migliaia i conoscenti aggiunti.
Le reti sociali online sono quindi, più vaste e hanno in media un maggior numero di legami deboli rispetto alle reti sociali offline; quello che succede è che migliaia di utenti possono essere classificati come amici di amici di un individuo e avere accesso alle sue informazioni personali, mentre, allo stesso tempo, la soglia per considerare qualcuno come amico è bassa.

Per cui, paradossalmente, mentre nel mondo reale il processo di conoscenza e apertura reciproca normalmente è graduale e controllato, e lo svelamento di informazioni procede di pari passo con l’aumento della fiducia, su Internet le persone tendono a rivelarsi con molta più facilità e anche a persone quasi sconosciute.

Secondo alcuni autori (Gross e Acquisti, 2005), si può parlare di una nuova forma di intimità che consiste nel condividere informazioni personali con un numero potenzialmente sconosciuto di persone che comprende sia amici che estranei. La possibilità di interagire in modo significativo con gli altri rimane pressoché invariata mentre aumenta in modo rilevante la possibilità per gli altri di avere accesso alla persona.

3.3 Una rete sociale in Rete: Facebook


3.3.1. Che cos’é

Uno dei più diffusi siti di social network è Facebook. Creato nel 2004 da Mark Zuckerberg, all’epoca un giovane studente universitario, ad oggi conta circa 350 milioni di utenti in tutto il mondo, 18 milioni in Italia, due terzi dei quali si connette almeno una volta al giorno.
Nell’home page principale del sito compare a grossi caratteri la scritta “Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita”, a sottolineare l’obiettivo principale del social network: creare un nuovo canale comunicativo all’interno di reti sociali già esistenti, ma anche ampliare il proprio “network” stabilendo nuovi legami.

Come gli altri OSN, Facebook permette agli utenti di creare un profilo, cercare altre persone e aggiungerle come amici, ma è differente dagli altri perchè articola reti sociali virtuali che corrispondono a comunità esistenti nel mondo reale, la maggior parte degli amici che si connettono attraverso Facebook sono amici anche nella vita reale e molti dei gruppi di Facebook sono rappresentazioni online di esistenti organizzazioni sociali, gruppi o compagnie. Questa connessione offline, permette lo stabilirsi di un confine naturale nel determinare chi è membro e chi no; inoltre aumenta la possibilità che una relazione formata online si estenda ad un incontro di persona.

Si può quindi affermare che per la sua struttura e la sua diffusione, Facebook rappresenta una sorta di ponte tra mondo virtuale e reale molto interessante per lo studio delle modalità di interazione umane, infatti è stato oggetto di numerose ricerche negli ultimi anni.

3.3.2. Come funziona

Quando le persone aderiscono al Social Network, incominciano creando un profilo, poi stabiliscono connessioni sia con amici esistenti sia con quelli che incontrano tramite il sito. Un profilo è una lista di informazioni identificative che possono includere, il nome vero o uno pseudonimo, fotografie, data di nascita, luogo di abitazione, religione, etnia e interessi personali. I membri si connettono ad altri mandando un invito di “amicizia”, che deve essere accettato dall’altro per poter stabilire il legame. Gli “amici” hanno accesso al nostro profilo e alla nostra rete sociale e viceversa e possono inserire commenti sulle proprie e altrui pagine, scambiarsi messaggi privati o pubblici. I membri di Facebook possono anche iscriversi a gruppi virtuali basati su interessi comuni, e, attraverso i profili, conoscere hobby, interessi, gusti musicali, o lo stato relazionale degli altri.(Kramer and Winter, 2008)

La motivazione principale per cui gli utenti utilizzano questi siti sono: comunicare e mantenere relazioni, ma anche più generalmente passare il tempo e divertirsi. Attività popolari sono: aggiornare gli altri su attività e location del momento, condividere foto e documentare eventi, essere aggiornati dagli amici sulle loro attività, esibire una rete di amici il più ampia possibile, presentarsi in modo idealizzato, mandare messaggi privatamente o fare commenti pubblici. (Dwyer et al., 2007)

Secondo alcune ricerche, i membri creano il loro profilo proprio con l’intenzione di comunicare agli altri novità e notizie riguardo se stessi e molti utenti affermano che l’utilizzo degli OSN è un buon modo per scoprire nuove cose su qualcuno che hai già incontrato.(Sidman, 2005)
Facebook viene utilizzato per contattare gli amici reali, ma anche per conoscere persone nuove che appartengono alla propria rete sociale e per “ritrovare” vecchi amici o compagni di scuola, di lavoro.

3.3.3. Opinioni: vantaggi e svantaggi

Facebook permette, attraverso l’aggiunta di amici” di ampliare la propria rete sociale a una dimensione irraggiungibile nell’ambiente fisico, e con sforzi e costi ridotti. Molti studiosi, però, concordano nel dire che l’ampliamento è solo illusorio, in quanto i legami creati virtualmente nella maggior parte dei casi non sono legami “seri”, tanto che lo stesso sociologo a busta paga di Facebook C. Marlowe (2009), afferma che su una media di 120 amici per utente, si hanno veri scambi solo con una minima frazione di essi, il resto sono conoscenti ai quali ci limitiamo a trasmettere aggiornamenti sulle nostre vite. Alla luce di questi dati, Marlowe e il suo staff affermano che il merito di Facebook è quello di consentire il mantenimento di legami anche deboli, che però favoriscono un’ utile scambio di informazioni tra individui.

Questa considerazione è in accordo con gli studi sul capitale sociale, inteso come le risorse che si riescono ad accumulare grazie ai rapporti tra le persone, ovvero informazioni utili, legami personali di amicizia o capacità che le persone possono attingere da altri membri della rete sociale alla quale appartengono, questo può avvenire a partire da qualsiasi tipo di legame, debole o più stretto. Le diverse forme di capitale sociale sono correlate a benessere, autostima e soddisfazione nella vita delle persone. (Bargh e Mckenna, 2004; Helliwell & Putnam, 2004). Recentemente dei ricercatori hanno dimostrato come Internet e i Siti di Social Networking favoriscano la creazione e il mantenimento di legami deboli e quindi di nuove forme di capitale sociale (Donath e Boyd, 2004; Resnick, 2001; Wellman et al., 2001) permettendo così agli utenti di poter usufruire delle risorse di un’ampia rete di conoscenze, migliorando la qualità della loro vita.

Tra i detrattori del fenomeno “Facebook” l’argomentazione più in voga è quella della privacy: il problema della privacy, che ho già descritto parlando degli Online Social Network in generale, è esacerbato in Facebook, dove l’89% circa degli utenti pubblica i propri dati reali (Gross e Acquisti, 2005).
Molti autori evidenziano il fatto che in Facebook, l’accesso alle informazioni personali non è riservato solo agli altri utenti, ma anche ai detentori del sito che possono decidere di fornire informazione a terzi , ad esempio per scopi di marketing. Inoltre, la mancanza di misure di sicurezza di base e la facilità di accesso al network rendono facile per parti esterne, dagli hackers alle agenzie governative, di avere accesso ai dati senza nemmeno la collaborazione diretta del sito (Acquisti e Gross, 2006). I pericoli più evidenti sono quelli di incorrere in furto dell’identità, stalking o ricatto. Oltre a stalkers o ladri di identità le informazioni possono essere utilizzate come referenze da datori di lavoro o agenzie governative.

Nonostante ciò le informazioni sono fornite volontariamente dagli utenti, questo può essere dovuto a diversi fattori: pressione dei pari, conoscenze incomplete o sottovalutazione dei rischi, fiducia negli altri membri della rete o nel servizio del sito, in ogni caso, il beneficio percepito nel rivelare anche a sconosciuti i propri dati è maggiore rispetto al costo di una possibile invasione della privacy (Gross e Acquisti, 2005). Le ricerche dimostrano come anche le persone preoccupate si fidano della loro capacità di controllare l’informazione e l’accesso esterno, c’è un fraintendimento riguardo la reale dimensione e composizione della comunità virtuale e della visibilità dei profili.

3.3.4. Il fascino di Facebook

Fin dalla sua nascita Facebook ha avuto un enorme successo, testimoniato dalla sua diffusione rapida e capillare, tanto che ad oggi si possono enumerare casi di vera e propria dipendenza dal sito, e datori di lavoro e autorità scolastiche che sono stati costretti a proibirne l’utilizzo perché distraeva troppo dipendenti e allievi. Ma da cosa deriva il fascino di questo Social Network?

Un’interessante spiegazione alla base dell’attrazione che molte persone provano per un simile strumento può essere trovata nelle teorie antropologico-evoluzioniste di Dunbar (2004).

Egli sostiene che se analizziamo il contenuto delle conversazioni spontanee tra le persone, scopriremo che il 60% è caratterizzata da argomenti sociali, di cui la maggior parte riguarda sapere cosa fanno altri individui e l’autosponsorizzazione. Secondo quest’autore il linguaggio è ciò che permette all’essere umano di poter mantenere reti sociali della dimensione di 150 individui circa, molto più grandi di quelle dei primati. Lo scambio di informazioni ci serve per tenere traccia di eventuali cambiamenti nella rete sociale e mantenere un relativo controllo.

Basandoci su questa teoria potremmo considerare Facebook addirittura come uno strumento evolutivo!

3.4. Autorivelazione e Feedback tra mondo reale e virtuale

Alla luce dei cambiamenti nelle modalità di interazione sociale derivati dall’avvento di Internet e descritti nei paragrafi precedenti, si possono fare delle considerazioni sui processi di autorivelazione e feedback descritti da Luft e Ingham (1955), nel modello “La Finestra di Johari”, come dinamiche fondamentali per lo sviluppo, la funzionalità e il benessere dell’individuo perchè consentono l’ampliamento della cosiddetta “Area Pubblica”.

Si può esprimere una prima valutazione partendo dalla descrizione delle condizioni ottimali per favorire l’efficacia dei due processi che i due autori avevano specificato.

Per quanto riguarda l’autorivelazione, essi sottolineano come siano importanti, perchè il processo vada a buon fine, la spontaneità, l’onestà , la chiarezza e la comprensibilità dell’informazione, così come la gradualità e la presenza di un clima di fiducia tra gli interlocutori. Il buon esito dipende anche, poi, dall’autenticità dell’ascolto di chi riceve le informazioni, ovvero dalla capacità di discernere e comprendere il significato del messaggio di chi lo produce.

Parallelamente, l’efficacia del feedback, al di là del contenuto del messaggio, è influenzata dalla modalità con cui la comunicazione viene effettuata: è importante comunicare in maniera chiara e rispettosa, tenendo conto dello stato fisico ed emotivo di chi deve ricevere il messaggio.

A mio parere, si può dire che la qualità di questi due processi nelle relazioni virtuali è ostacolata dalle caratteristiche della Comunicazione Mediata dal Computer che ho descritto nei paragrafi precedenti. In particolare, l’assenza della comunicazione non verbale e l’enfatizzazione dei segnali verbali e linguistici, da un lato influisce sulla possibilità di controllare e manipolare in modo ingannevole l’informazione, a scapito di spontaneità e onestà, dall’altro, potendo veicolare solo poche informazioni per volta, facilita maggiormente incomprensioni e interpretazioni scorrette. La mancanza della fisicità rende, poi, più difficoltosa, se non impossibile in alcuni casi, la verifica degli effetti della nostra comunicazione sugli altri.

Una successiva riflessione può riguardare le conseguenze dell’utilizzo di Internet a scopo interattivo, ovvero quanto questo possa avere un impatto sui processi di interazione in generale.

Quando parliamo di relazioni virtuali non possiamo pensare che il mondo virtuale e il mondo fisico siano due entità separate, in quanto il soggetto che vi partecipa è sempre lo stesso e non può che esserne direttamente influenzato. Inoltre, la realtà degli Online Social Network, come Facebook, contribuisce ad enfatizzare la diretta connessione tra i due mondi, ovvero è più che plausibile che esistano relazioni che hanno una doppia declinazione, fisica e virtuale. Internet può essere utilizzato come canale comunicativo alternativo e quindi anche per messaggi che possono avere la funzione di autorivelazione o feedback. Come ho illustrato, le caratteristiche del mondo virtuale implicano uno stravolgimento delle modalità e dei contesti delle comunicazioni tra individui; mutano i confini di ciò che è di dominio pubblico e privato e lo stesso concetto di intimità cambia di significato.

Sorge spontaneo domandarsi quale possa essere l’effettiva declinazione dei processi descritti da Luft e Ingham nel mondo contemporaneo tenendo conto anche dello spazio di interazione virtuale degli individui.

CONCLUSIONE

Il mondo delle relazioni sociali in Internet, a partire dalle chat fino ad arrivare a realtà articolate come Facebook, presenta elementi complessi, difficilmente esauribili in poche righe anche perchè come tutte le tecnologie la sua struttura e le modalità di utilizzo sono in continua evoluzione. Quello che si può affermare è che l’ampia diffusione della Rete ne fa uno strumento d’impatto per quanto riguarda tutto l’ambito della comunicazione e delle relazioni umane.

L’autrice Pravettoni (2002) afferma che sia nella società materiale, sia nelle comunità virtuali il soggetto è sempre lo stesso. Soltanto ora ha un “mondo” in più, cioè un ambiente in cui entra ed esce grazie al medium e nel quale può provare esperienze diverse da quelle sociali proprie del mondo fisico circostante. Il mondo della Rete è un mondo artificiale, virtuale, non definito, non definitivo e dal quale, quindi, è sempre possibile tornare indietro, disconnettendosi; le tracce lasciate sono però reali, per questo si può parlare di soggetto distribuito tra società materiale e comunità virtuale. Quando ci connettiamo, è noi stessi che portiamo nel mondo virtuale ed è su noi stessi che ricadono gli effetti delle esperienze nella rete; questo è valido sia per quanto riguarda la più anonima delle chat, sia, in modo più esplicito, quello che avviene negli OSN come Facebook.

Quando parliamo di comunicazione, interazione sociale, sviluppo e costruzione del sé, sembra essere di significativa importanza includere il ruolo che può avere la Rete, in quanto mezzo, ma anche in quanto luogo dove l’individuo sperimenta se stesso e l’interazione con gli altri.

A partire da un modello dell’interazione umana come la finestra di Johari, che risale agli anni ’50, e considerando l’analisi presentata in questo scritto, appare lecito chiedersi se processi come l’autorivelazione e il feedback possano avere lo stesso significato anche oggi con i nuovi strumenti comunicativi. Le riflessioni che ho presentato evidenziano significative differenze tra i meccanismi relazionali degli individui in Rete e quelli nel mondo fisico delle quali, a mio parere, non si può non tenere conto.

Luft e Ingham nel 1955 affermavano che l’ampliamento dell’area pubblica, ottenibile principalmente attraverso i processi dell’autorivelazione e della richiesta di feedback agli altri, rende più liberi di essere se stessi e di percepire gli altri come sono realmente aumentando la fiducia reciproca e favorendo lo sviluppo dell’individuo. Rimane da stabilire se e come l’espansione online della cosiddetta Area Pubblica contribuisca alla costruzione del sé e al benessere relazionale.

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